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27 aprile 2011 3 27 /04 /aprile /2011 14:12

Quella volta che Burton ci tradì.

Chiunque lo abbia amato dal primo istante, si è lasciato traghettare nelle spire delle sorti di quei protagonisti tanto diversi quanto portatori di bellezza in un mondo sinistramente raccontato come ipocrita e perbenista.

Anche stavolta, davanti a una prova di narrazione filmica suprema come può essere l'eterna Alice nel paese delle meraviglie, il passo sembra partire di buon grado avverso alle convenzioni, all'incatenamento della protagonista alle leggi morali dello "sposati e riproduciti che tu lo voglia o no".

Alice si dissocia, si, si dissocia; vede e sente cose che non riconosce, se ne va nel mondo della visione a vivere la prova di iniziazione che forse la emanciperà definitivamente dal piccolo mondo perbenista che la imprigiona.

Ma qui Burton dimostra di non avere chiaro come evolvere la storia e, si dissocia a sua volta dal percorso disegnato fino a quel momento.

E come nella storia di Alice, la sceneggiatura di Burton si ribalta. Le visioni delle meraviglie diventano ostacoli da abbattere affincè Alice torni proprio alla integrità grettamente violenta, armata e adulta di assenso alle convenzioni di un mondo che prima sembrava dovesse farle esplodere il petto.

La metafora rituale della visione, la visione di Alice del suo mondo immaginifico, diventa parte di se da abbattere. Le creature fantastiche che tanta valenza evocativa hanno in tutte le versioni della fiaba, qui diventano solo ostacoli, mostri da abbattere.

E proprio Burton ci aveva allenato a prendere in mano il piccolo mostro, il piccolo mondo selvaggio che ognuno nasconde in sè, per ricordarlo e riconoscerlo, trarne insegnamento e trattarlo con rispetto. Tutto questo in un tripudio ipnotico ma posticcio di psichedelia 3D, ormai solo trucchetto riempipista cinematografica. Prova blanda e confusa nella fimografia di Burton e del fedelissimo Deep. Confidiamo tutti nel prossimo incubo dolce.

Alice vs. Mirror Master (254/365)
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